de MATTEI, Non crediamo la Chiesa sinodale

Articolo del prof. Roberto de Mattei, del 26 settembre 2021, tratto da: https://anticattocomunismo.wordpress.com/2021/09/26/non-crediamo-la-chiesa-sinodale/ . Il titolo all’originale è: «Non crediamo la Chiesa “sinodale”». Il sottotitolo dice: «La Chiesa “sinodale”: il sogno del card. Martini diverrà realtà durante il pontificato del confratello Francesco?».

Mentre si moltiplicano, in un senso o nell’altro, le voci sulle sue condizioni di salute, papa Francesco spinge il pedale sull’acceleratore, in una lotta che sembra condurre contro il tempo. Qualunque sia il modo in cui egli uscirà di scena, la fine del pontificato è vicina e, dopo il motu proprio Traditionis Custodes, l’imminente futuro ci riserva probabilmente altre sorprese.

Intanto è all’orizzonte il nuovo Sinodo dei vescovi del 2023. Papa Francesco vi parteciperà? Forse neanche lui lo sa, ma in un discorso tenuto il 18 settembre alla Diocesi di Roma [link all’originale], ha detto tra l’altro: «Ci sono molte resistenze a superare l’immagine di una Chiesa rigidamente distinta tra capi e subalterni, tra chi insegna e chi deve imparare, dimenticando che a Dio piace ribaltare le posizioni… La Chiesa sinodale ripristina l’orizzonte da cui sorge il sole Cristo: innalzare monumenti gerarchici vuol dire coprirlo… Quando la Chiesa è testimone, in parole e fatti, dell’amore incondizionato di Dio, della sua larghezza ospitale, esprime veramente la propria cattolicità… Essere Chiesa è un cammino per entrare in questa ampiezza di Dio…».

Papa Francesco ha spiegato che per lui la sinodalità non è il capitolo di un trattato di ecclesiologia, e tanto meno una moda, uno slogan o il nuovo termine da usare o strumentalizzare: «No! La sinodalità esprime la natura della Chiesa – ha affermato – la sua forma, il suo stile, la sua missione. E quindi parliamo di Chiesa sinodale, evitando, però, di considerare che sia un titolo tra altri, un modo di pensarla che preveda alternative. Non lo dico sulla base di un’opinione teologica, neanche come un pensiero personale, ma seguendo quello che possiamo considerare il primo e il più importante “manuale” di ecclesiologia, che è il libro degli Atti degli apostoli». «Tutti sono protagonisti, nessuno può essere considerato semplice comparsa. I ministeri, allora, erano ancora considerati autentici servizi. E l’autorità nasceva dall’ascolto della voce di Dio e della gente – mai separarli! – che tratteneva “in basso” coloro che la ricevevano. Il “basso” della vita, a cui bisognava rendere il servizio della carità e della fede».

Papa Francesco forse non se ne rende conto, ma con queste parole salta 21 concili e 265 Papi che hanno definito l’ecclesiologia della Chiesa, per proporsi come l’interprete autentico degli Atti degli Apostoli, alla maniera luterana.

«Mi raccomando – ha detto ancora papa Francesco – lasciate aperte porte e finestre, non vi limitate a prendere in considerazione solo chi frequenta o la pensa come voi… che saranno il 4 o 5 per cento… Permettete a tutti di entrare… Permettete a voi stessi di andare incontro e lasciarsi interrogare, che le loro domande siano le vostre domande». «Non lasciate fuori o indietro nessuno. Farà bene alla diocesi di Roma e a tutta la Chiesa, che non si rafforza solo riformando le strutture, dando istruzioni, offrendo ritiri e conferenze, o a forza di direttive e programmi, ma se riscoprirà di essere popolo che vuole camminare insieme, tra di noi e con l’umanità».

La Chiesa “popolo in cammino”: una visione democratica e antigerarchica, una visione “sinodale”, che però si scontra con quella del Magistero perenne, che nessuno, nemmeno un Papa, può contraddire.

La Chiesa fondata da Gesù Cristo non è infatti una Chiesa “sinodale”, ma una Chiesa gerarchica, che non ha bisogno di interrogarsi su sé stessa, né di avanzare verso l’ignoto, perché il Suo Fondatore le ha rivelato la sua missione e ne ha stabilito l’immutabile costituzione.

A differenza dello Stato, spiega Pio XII in un discorso del 2 ottobre 1945 [link all’originale], la fondazione della Chiesa non si è effettuata dal basso verso l’alto, ma dall’alto al basso: «Vale a dire che Cristo, il quale nella sua Chiesa ha attuato il Regno di Dio da Lui annunziato e destinato per tutti gli uomini di tutti i tempi, non ha affidato alla comunità dei fedeli la missione di Maestro, di Sacerdote di Pastore ricevuta dal Padre per la salute del genere umano, ma l’ha trasmessa e comunicata a un collegio di Apostoli o messi, da lui stesso eletti, affinché con la loro predicazione, col loro ministero sacerdotale e con la potestà sociale del loro ufficio facessero entrare nella Chiesa la moltitudine dei fedeli, per santificarli, illuminarli e condurli alla piena maturità dei seguaci di Cristo».

Anche la costituzione Lumen Gentium del Concilio Vaticano II lo precisa nel cap. 20, sottolineando che «gli Apostoli ebbero cura di istituire in questa società gerarchicamente organizzata dei successori». La Chiesa è gerarchica perché è una Chiesa visibile, che ha un corpo e delle membra: è un Corpo Mistico. E come nel corpo umano c’è la testa e ci sono le altre membra, così nella Chiesa cattolica c’è un Capo, che è il Papa, e sotto di lui i vescovi, e ci sono le membra, che sono i semplici fedeli. Il Papa e i vescovi rappresentano la Chiesa docente, che, “dall’alto”, governa e insegna; i semplici fedeli costituiscono la Chiesa discente che, “dal basso”, segue l’insegnamento e le regole della Chiesa.

Gerarchia significa che ognuno ha il suo posto, ognuno ha il suo ruolo, ognuno ha il suo compito e la sua missione. Solo l’autorità ecclesiastica ha il diritto e il dovere di governare e insegnare, ma tutti i fedeli, hanno il diritto e il dovere di custodire, difendere e trasmettere la fede che hanno ricevuto con il loro battesimo.

Ecco, noi, ultimi tra i fedeli, di fronte a questo sogno sinodale, vogliamo ribadire la nostra fedeltà al Magistero perenne della Chiesa ed esprimere rispettosamente la nostra resistenza alla voce dissonante di un Pastore che [tanto per cambiare, come sempre fa] da questo insegnamento sembra volersi allontanare.

Ci vergogniamo noi per lui

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