DON FLORIANO, Dopo la figuraccia della preghiera contro le aspirazioni autonomiste, la diocesi di Treviso ripete la figuraccia di doppiogiochista

L’unica cosa giusta che la diocesi di Treviso doveva fare era ammettere che si era spinta un po’ troppo in là nel manifestare la sua contrarietà alle autonomie come tali e, in concreto, all’autonomia del Veneto. L’enorme gaffe sta nell’aver inavvertitamente rivelato o, meglio, confermato, che l’alto clero trevisano ha più simpatia dei partiti di sinistra che della Lega e delle sue istanze autonomiste; un mettersi a nudo rischioso da parte della diocesi, come quelle parole che sfuggono di bocca e, una volta dette, non è più possibile negarle.

Mons. Brugnotto, neo vicario generale della diocesi, resosi conto della cappellata ha cercato di spegnere le critiche, con la conseguenza di un’inevitabile perdite di fedeli e di entrate economiche. Ha affermato, perciò, che in quella preghiera non c’era alcun «intento polemico o di contrapposizione alle istanze di autonomia. Una preghiera non è una presa di posizione politica». Come dire: «Avete capito male». E ne dà la colpa al vocabolario: «È [stata] sbagliata la scelta del termine “autonomismo”». Poi tenta di smorzare le critiche a «dibattito apparso in questi giorni sui media locali». Belle parole, ma tutte in apologia del fatto compiuto, non a semplice e sincero: «Eh, sì, la pensiamo così!», come a questo punto è evidente persino alle galline.

Continua mons. Brugnotto: «La volontà era quella di invitare i popoli a sfuggire le chiusure particolariste e a ricercare invece il dialogo che costruisce percorsi di pace e di giustizia». E qui «casca l’asino», e casca in malo modo! Monsignore diocesano afferma, infatti, a chiare lettere e rimangiandosi quanto appena detto («Una preghiera non è una presa di posizione politica»), che, in effetti quella preghiera aveva proprio una valenza politica, non casuale ma voluta; che si aveva avuto «…la volontà di invitare i popoli…». Ma «invitare i popoli» non è preghiera, ché essa è rivolta a Dio e non ai popoli; e «invitare i popoli» a fare questo e quello è politica nel senso vero e pieno. Con questo schifoso modo di darle l’aspetto di preghiera. In altre parole mons. Brugnotto si è dato la zappa sui piedi, e con lui tutta la diocesi, che fa una figuraccia di m…a! E, così, è inutile, mostrare di cascare dalle nuvole dicendo d’aver appreso «con sorpresa e dispiacere che tante persone hanno letto attribuite alla nostra Chiesa posizioni non corrispondenti alla realtà della nostra storia e delle dichiarazioni del Vescovo stesso su questi temi», quando poi se le ribadisce. E non solo le si ribadisce, ma le si avvalora, cercando di appoggiarle a certe affermazioni della lettera enciclica «Fratelli tutti», che è uno dei più penosi documenti dell’intera storia papale e uno dei più chiaramente di ispirazione massonica.

Perché, caro mons. Brugnotto, non fate a finta, per l’ennesima volta, di sbagliarvi e invitate i fedeli a pregare così: «Perché il Signore ci conceda la grazia, come cristiani del Popolo Veneto, di abbeverarci alla gloriosa ricchezza di santità e di dottrina delle nostre Chiese locali e, allontanati gli invasori Italiani, atei massoni e comunisti (scomunicati da Dio e dalla Chiesa), possiamo essere ancora Repubblica indipendente»? Suvvia, faccia a finta di fare anche di questi errori! E non ci sarà bisogno che venga a confessarli; mentre, come ben sa, dovrà farlo al più presto per aver raccontato pubbliche menzogne, addirittura strumentalizzando Dio con finte preghiere; e sa pure che, al momento della confessione, dovrà mostrarsene sinceramente pentito e promettere, Lei e il vescovo che si nasconde alle sue spalle, di non raccontare più balle.

don Floriano Pellegrini

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