DON FLORIANO, La grande festa della democrazia e dell’amicizia di domenica 7 novembre

Moltissime persone domenica pomeriggio sono venute a Coi, spontaneamente, per manifestare solidarietà ad un sacerdote e ad un uomo che sostiene la libertà e dignità umana di scelta, in tutti i campi, compreso quello sanitario. Quel sacerdote e uomo sono io.

Eppure, vengo chiamato malignamente e diabolicamente (cioè con voluta malizia, cosa che è tipica di Satana) prete no-vax o prete no-pass; tutte pagliacciate e offese che, come boomerang, tornano indietro e vanno a colpire, giustamente, chi scaglia di queste calunnie, che sono veri proiettili, sia pure verbali. E mostrano, ad un tempo, a carico di chi parla in questa maniera, intelligenza offuscata da ideologia, animo piuttosto cattivo e mancanza di giusto distacco nella valutazione dei fatti. Tutte qualità che sarebbero necessarie, sommamente indispensabili, soprattutto in chi ha (e in tanto in quanto più detiene) responsabilità pubbliche di ogni tipo, anche ecclesiali.

La notizia dell’incontro a Coi era stata data la sera prima, a Belluno, in Piazza del Duomo, durante la manifestazione contro l’obbligo del green pass. Obbligo che è un provvedimento legislativo, più che altro coercitivo, che consegnerà moralmente, alla valutazione storica futura, gli attuali ministri e politici in genere della Repubblica Italiana nel numero dei criminali della storia europea contemporanea. La loro dittatura, sia pur legalmente mascherata, è infatti evidente; l’aver impedito e l’osare sfacciatamente di impedire ai cittadini, costituenti il Popolo sovrano, il libero accesso al lavoro per guadagnare da vivere a sé e ai propri familiari, mentre essi sono mantenuti oltre ogni dire dai cittadini stessi, è una cosa talmente schifosa che neppure Hitler o Stalin erano giunti ad imporla, e, se mai, l’avevano fatto solo nel momento culminante del loro delirio inqualificabile di onnipotenza.

Il sindaco di Val di Zoldo, che pure io stesso (come sanno i fedeli) ho invitato a rieleggere (per evitare un commissario prefettizio), all’annuncio di Piazza del Duomo ha reagito con quell’eccesso di prudenza unilaterale che ha messo in luce già altre volte nei miei riguardi. Si è rivolto, perciò, alla questura ed ha chiesto l’intervento della Digos. Un giornalista ha aggiunto del suo, soffiando sul fuoco del presunto pericolo e attaccandomi pesantemente (non ho tempo da perdere per chiedere di scusarsi). Immagino, forse sbagliandomi ma questa è la mia impressione, che abbia scritto l’articolo mentre se ne stava seduto in bagno, ad esternare qualche altra sua funzione. Guardate e leggete che razza di scritto gli è venuto fuori!

Lasciamolo perdere, poverino!

Il pomeriggio di domenica scorsa, 7 novembre, era splendido, per quanto freschetto. I colori dell’autunno, intrecciandosi con i raggi del sole ormai declinante al tramonto, con le voci soffuse, i sorrisi, i saluti, le strette di mano, gli abbracci, creavano un’atmosfera paradisiaca, di piena armonia, di gioia di stare assieme. Quel poco di preoccupazione e di tensione che pur c’era, sembrava sciogliersi senza lasciar più traccia di sé.

Essendo andato verso la chiesa un’ora e mezza prima delle 16, ora di inizio della S. Messa, ho avuto modo di conversare con i primi arrivati. Persone di tutte le età. Molti i giovani, sia singoli come in coppia; alcuni con i loro bambini: trotterellanti, alla mano, in braccio.

Nutrito il gruppo degli indipendentisti veneti o, meglio, dei Veneti finalmente consapevoli della propria identità, dei propri diritti e della propria storia. Molti gli autodeterminati, che ormai anche la Repubblica Italiana comincia a riconoscere e ad ammettere, pur sempre con mille difficoltà, quando invece (per un patto da essa stessa sottoscritto) dovrebbe essere la prima a favorirne il cammino di recupero della sovranità.

Alle 16 in punto, ho iniziato la S. Messa, con una chiesa gremita all’inverosimile (pur cercando di rispettare le norme in vigore), tant’è che molti son dovuti restare all’esterno. Ecco alcune foto (in seguito ne pubblicherò delle altre, con dei piccoli video), che mi sono state gentilmente fornite dai presenti. Parlano da sole, non serve commentare.

Annottava, ormai! Molte le fotografie all’interno della chiesa e all’esterno. Un commosso grazie a tutti!

Quanti saremo stati? Poiché sono stati un’ottantina quelli che hanno fatto la Comunione, è ragionevole pensare (per un rapporto di 1 a 2 che non l’hanno fatta) si fosse sulle 250 persone. Decisamente più del centinaio che è indicato in quest’altro articolo di ieri; articolo ancora una volta malizioso e riduttivo, per non dire insinuante e offensivo. Pazienza! I fatti contano più delle maliziosità, per quanto queste possano ferire e far star male.

In verità, la giornata è stata magnifica, “masa béla” mi ha scritto uno in zoldano.

Sono stato molto contento, per i partecipanti prima ancora che per me. Contento di vedere una giornata di primavera della democrazia, nel nostro antico Baliato dai Coi, che è comunità segnata da democrazia fin dal suo sorgere, nella metà del 1300, e che tale è sempre stata, rispettata e tutelata in pieno nei secoli della Serenissima Repubblica di Venezia, un po’ meno durante il Regno Lombardo-Veneto, e decisamente meno dopo il plebiscito-truffa di annessione al Regno d’Italia, nel 1866.

M’hanno informato che hanno avviato una raccolta firme a vantaggio del mio ministero sacerdotale. Grazie anche di questo!

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3 Risposte a “DON FLORIANO, La grande festa della democrazia e dell’amicizia di domenica 7 novembre”

  1. Alla fine dell’estate ho conosciuto don Floriano Pellegrini, mi ha ricevuto insieme ad un Collega della Segreteria generale del mio Sindacato. Ci eravamo recati, infatti, a Coi, in val zoldana (BL), attirati dalla sua lettera alla CEI, con la quale ammoniva i “reverendissimi Padri” a non abdicare al ruolo di Vescovi e guide spirituali dei cristiani di fronte al Governo italiano e alle sue misure anti-Covid. Del resto, anche noi vivevamo nell’ansia di far uscire i nostri Colleghi dalla trappola della divisione interna, fra “buoni e cattivi”, scattata con le misure emergenziali.
    Quindi, ci siamo messi in cammino per incontrarlo, con lui abbiamo vissuto una splendida giornata, per varie ragioni. La magnificenza del luogo (1.550 m. s.l.m.), i massicci dolomitici del Pelmo e del Civetta, hanno fatto da cornice alla personalità di un prete dai modi semplici, dai discorsi chiari e intellegibili, dalla fede profondissima e dal sereno e forte attaccamento alla Chiesa, a quella universale edificata con pietre vive e quella di San Pellegrino ove lui officia il ministero sacerdotale, fra opere d’arte e innumerevoli segni di un passato glorioso. Alla fine del giorno siamo tornati a valle arricchiti dalla sua lezione di vita: non aver paura della Verità!
    Già, ma cos’è la Verità?
    Oddio, ma questa è la domanda che Pilato fece a Cristo senza ottenere risposta: “quid est veritas?”.
    Ma per forza che non la ottenne, perché la Verità era a lui di fronte: “est vir qui adest”!
    Giancarlo Barra – Sindacalista –

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