Una S. Messa in onore del Beato Pier Giorgio Frassati

Ho condiviso l’idea e l’entusiasmo di un amico di Belluno, che ha proposto di fare a Coi, il 4 luglio prossimo, giorno di domenica e giorno 96.mo anniversario della sua morte, una S. Messa in onore del Beato Pier Giorgio Frassati (1901-1925).

Essa sarà, si spera, nella chiesetta; se del caso, all’esterno, il che sarebbe ancora meglio, per certi aspetti, essendo il Beato un alpinista; in caso di cattivo tempo, invece, sarà in un locale che si adatti.

Nell’occasione verrà benedetta un’immagine del Beato. Non appena possibile, cioè quando avremo un quadretto o quadro dignitoso e artisticamente valido, lo metteremo in modo stabile nella chiesa.

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Pier Giorgio [o Piergiorgio?] Frassati (Torino, 6 aprile 1901 – 4 luglio 1925)

Da: http://www.santiebeati.it/dettaglio/60600

Piergiorgio nasce a Torino nel 1901 in una ricca famiglia borghese: il padre Alfredo, giornalista, padrone del quotidiano «La Stampa», intimo amico di Giolitti dal quale sarà inviato come ambasciatore a Berlino; la madre è una nota pittrice: Vittorio Emanuele III acquista un suo quadro esposto alla Biennale di Venezia. La fede, a casa Frassati, non è proprio di casa, ma il Signore sa farsi strada lo stesso nel cuore degli uomini pronti ad ascoltarlo.

Il sistema si combatte dall’interno

Piergiorgio non si trova molto a suo agio nel ceto sociale al quale appartiene, e nemmeno con la vita che si conduce a casa sua, in cui la fede è un elemento più di forma che di sostanza. Condivide l’infanzia con la sorella Luciana, di appena un anno più piccola, la sua unica confidente appena iniziano i contrasti, presto evidenti, con mamma e papà: non è un grande studente, Piergiorgio, almeno finché non approda all’Istituto Sociale dei Padri Gesuiti e poi, dopo la maturità, s’iscrive a Ingegneria meccanica con indirizzo minerario per stare accanto ai minatori, allora considerati i più sfruttati tra gli sfruttati. Purtroppo il traguardo della laurea non lo raggiungerà in vita, ma solo con il conferimento di quella “honoris causa” nel 2002. Nonostante la poca attenzione allo studio, a cui preferisce la preghiera, l’Eucaristia e la carità, Piergiorgio decide però di restare a casa sua, accanto alla sua famiglia.

Bighellonare a servizio della carità

In effetti, gli scontri con il padre non tardano a verificarsi, ma sono scontri a senso unico, in cui è papà Alfredo a definire il figlio «un uomo inutile», a condannare il suo bighellonare per la città, tra persone che non sono alla sua altezza; Piergiorgio, dal canto suo, è sempre sorridente, accetta i rimproveri con gli stessi occhi sereni da eterno fanciullo con cui si pone al prossimo bisognoso: non con la sufficienza che accompagna alcuni giovani del suo ceto, ma con vero amore e vera partecipazione per le sofferenze umane. In questi anni si iscrive praticamente a tutte le associazioni cattoliche esistenti, a partire dalla Conferenza di San Vincenzo, l’Azione Cattolica, la FUCI [=Federazione Universitari Cattolici d’Italia], ovunque ci fosse bisogno e ovunque potesse essere mandato a fare servizio a chi non ha niente.

«Frassati Impresa Trasporti»

Lo prendono in giro, gli amici, lo chiamano «Frassati Impresa Trasporti» perché sempre va nelle soffitte degli indigenti, nelle case della periferia di Torino, che è città sì di grandi Santi, di intellettuali ma anche di tanti operai, poveri e soli. In queste case Piergiorgio porta di tutto: cibo, vestiti, legna, carbone, mobili; per queste persone spende tutti i soldi che la famiglia gli passa, e che saranno sempre meno. Intanto si avvicina anche alla spiritualità dei Domenicani e diventa Terziario; a Berlino avrà l’occasione di conoscere padre Karl Sonnenschein, «il San Francesco tedesco». Questa frequentazione lo fa interrogare sulla possibilità di diventare sacerdote, progetto che però Piergiorgio accantona perché si rende conto di non avere la vocazione. Ma lui è felice così: diserta le occasioni mondane per la Messa e alla compagnia dei giovani rampolli borghesi predilige quella dei poveri, attraverso i quali sente saziarsi la sua sete di concretizzare il Vangelo. Sarebbe un errore, però, pensare che sia un tipo strano o isolato, tutt’altro: pieno della vera vita era, tra le altre cose, un grande appassionato della montagna e dell’alpinismo.

Ecco l’amore, ma forse è meglio di no

Ed è proprio in cordata che, un giorno, incontra Laura Hidalgo. Se ne innamora subito, ma sarà un amore che terrà tutto per sé, nel proprio cuore, sia per «non metterla in imbarazzo» sia per non dare un’ulteriore fonte di dispiacere alla sua famiglia, essendo lei di un ceto sociale notevolmente inferiore. Un altro sacrificio che pochi giovani, al posto di Piergiorgio, avrebbero saputo affrontare. Ma lui, no. Lui affronta tutto con il sorriso, perché sa fin nel profondo di ogni sua fibra che l’amore vero è un altro, ed è quello che lo aspetta nella prossima vita, quella che comincia forse a intravedere, arrivando perfino ad anelare il giorno della nascita al cielo definendolo «il più bello di tutti». In questo ultimo periodo fonda la «Società dei Tipi Loschi» i cui membri, «lestofanti e lestofantesse», si danno soprannomi buffi (quello di Piergiorgio è Robespierre), fanno gite e scherzi, ma soprattutto aspirano alla più profonda delle amicizie: quella fondata sul sacro vincolo della preghiera e della fede. Un’amicizia cristiana vera, per certi aspetti profetica per buona parte dell’associazionismo laico della Chiesa che verrà.

Una morte inattesa

È il 30 giugno 1925. Tutta la famiglia Frassati è in ansia per la salute di nonna Linda, che morirà il giorno seguente; così, nessuno fa caso a Piergiorgio che ha un mal di testa molto forte e non ha voglia di mangiare. Proprio lui, sempre così bello e in salute. Se ne accorgeranno quando, il giorno del funerale della nonna, non riesce neppure ad alzarsi da letto. Ma sarà troppo tardi. Ha contratto una poliomielite fulminante, che lo porta via il 4 luglio, a soli 24 anni. Alle sue esequie si presentano in migliaia: per lo più sono i poveri di Torino che aveva soccorso o anche solo accarezzato con la sua vita piena di Dio. «Io non conosco mio figlio!», mormora il padre, impressionato dalla folla, e così il suo dolore si fa ancora più struggente.

Il primo miracolo di Piergiorgio

Non si dà pace Alfredo Frassati, che comprende chi è davvero suo figlio solo nel momento in cui l’ha perso per sempre. Il suo cuore è spaccato, Piergiorgio ha lasciato un vuoto troppo grande, un silenzio assordante. Ma Alfredo non ha paura di soffrire: si fa scavare dalla sofferenza in profondità e pian piano quel vuoto si riempie della luce e della Parola di Dio. Si riavvicina alla fede, Alfredo, maturando verso la fine della sua vita – morirà nel 1961 – una conversione potente e meravigliosa che molti considerano, forse a ragione, il primo miracolo di Piergiorgio.

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