«Credo ci siano due fasi della vita in cui siamo davvero liberi: l’infanzia e la vecchiaia. Un bambino non ha nulla da guadagnare, un vecchio non ha più nulla da perdere» (A. Piva).
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SUL DETTO POPOLARE «ESSERE CORNUTO». A proposito di detti di cui sarebbe bello conoscere l’origine, ho scoperto che quello del dire «essere cornuto» a persona tradita dal coniuge, è molto antico. È documentato persino nelle storielle dei monaci dei primi secoli cristiani raccolte da R. Kern (cfr. n. 277). Vi si legge, infatti, che un giorno un monaco volle andare nella città di Antiochia a vendere un capretto, anche se ciò era proibito. Lo pose su un piccolo carro, sotto un telo, e partì. Giunto da un gabelliere, venne però interrogato: «Che hai?». E il monaco: «Il mio cane, fratello». Il gabelliere di rimando: «Ma no, è una capra, ha le corna!». Al che il monaco concluse: «Ti prego, fratello, la vita privata del mio cane va rispettata!».
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UN QUADERNO DI POESIE INEDITE. Un quaderno di poesie antiche del nostro Archivio Storico, mai trascritte e quindi mai analizzate (speriamo che un giorno qualcuno le prenda in considerazione), inizia con questi versi:
Se gran gusto ha quel galante di mostrarvisi un Narciso, gode anch’ei, che il Damigante [?] sempliciotto il move a riso.
Se gioisse il Zovanotto, che per voi s’orna, e si liscia gode anch’ei, che di botto dalle risa si scompiscia.
Il mal è, se pur mal è, che non usa contenersi, non sà [sic!] rider entro se [=sé], ma il suo riso mette in versi.
Pur non è questo delitto da punir colla scomunica, anzi che ridendo in scritto, li suoi spassi altrui communica.
Finalmente hà un sol difetto in Prudenza, e in Poesia d’esser tanto gonzo, e inetto che non scrive mai bugia.
Di contarle nette, e schiette ha talmente fatto il callo che se dir vuol favolette dice il vero ancor in fallo!