ZANENGA, 1942, Avere vent’anni

Articolo tratto da: «Dolomiti. Settimanale del fascismo bellunese», a. II, n. 4, 22 novembre 1942, pagina GUF (=Gruppi Universitari Fascisti).

Con quest’articolo del prof. Bartolomeo Zanenga, morto nel 1993 a 71 anni, do voce – se posso dir così – ad una persona che, egregia e colta, non è stata ancora adeguatamente valorizzata. Il dott. Sante Rossetto, scrivendo di lui nel in un articolo del 16 marzo 2013, auspicava: «Sarebbe un gesto di grande significato storico se un primo cittadino di parte politica opposta decidesse di ricordare adeguatamente la figura dello scrittore e studioso bellunese» (Cfr. https://www.bellunopress.it/2013/03/16/ventanni-fa-moriva-bartolomeo-zanenga-sante-rossetto-sarebbe-un-gesto-di-grande-significato-storico-se-un-primo-cittadino-di-parte-politica-opposta-decidesse-di-ricordare-adeguatamente-la-figura/ ). Cosa è stato fatto?

Nel suo articolo il dott. Rossetto tra l’altro scriveva: «La bibliografia di Zanenga è fittissima e prende le mosse nel 1951 con i primi articoli pubblicati sul periodico “Dolomiti/Dolomiten/Dolomites” [ci sarebbe molto da dire, in positivo, su questo titolo. N.d.R.] con lo pseudonimo Romano Dalla Valle».In realtà, Bartolomeo Zanenga pubblicò ancora prima del 1951 ed ho rintracciato nove articoletti del 1942-43, pubblicati su «Dolomiti. Settimanale del fascismo bellunese». È nell’interesse , quantomeno culturale, di tutti, poterli perciò leggere e sentire dal vivo, senza stupidi pregiudizi, come ragionava un giovane universitario fascista. «Senza stupidi pregiudizi», ho detto, perché, per tappare la bocca agli idioti odierni basti dire che all’organizzazione degli Universitari Fascisti erano iscritte persone di futuro grande rilievo, quali – tra molti altri – il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il giornalista Eugenio Scalfari! E, allora, tacete, cianciosi del cavolo! Pubblicherò i nove articoli in nove post, anche se alcuni sono molto brevi; questo è il primo. I titoli saranno sempre quelli all’originale.

Avere vent’anni non è facile. Non parlo dell’età fisiologica, ognuno intende.

Nel computo degli anni che passano il corpo non ha alcun valore per noi fascisti.

Per noi è interessante vedere e conoscere quale sia l’impront6a del tempo sullo spirito degli uomini.

E l’età che più ci interessa come la più fresca, spensierata e pensierosa insieme, capace di grandi imprese e di dolorose rinuncie, è l’età dei vent’anni.

Non ha compiuto anche il fascismo, in questi giorni, i suoi vent’anni?

Ma avere vent’anni non è facile anche in tempi normali. Oggi è più che mai difficile.

Oggi sono in gioco non solo i destini della Nazione (o poetucoli sospirosi che vi dichiarate cittadini del mondo, mettetevelo bene in mente), ma i destini del mondo tutto.

Dalla guerra che aspramente si combatte dovrà sorgere un’era di pace con giustizia, pax romana, la giustizia latina: oppure il mondo ripiomberà nel caos in nome di quel liberalismo che nasconde, sotto mentite spoglie, la più brutale repressione di tutti i valori umani.

Avere vent’anni oggi è un’impresa sovrumana. Vent’anni non si improvvisano. Vent’anni nel senso nostro, senso fascista giova ripeterlo, si mettono insieme giorno per giorno, ora per ora, attimo per attimo. Vent’anni sono il prezzo di grandi sacrifici, di molte lacrime, di rinuncie non indifferenti.

Perché la fede (quale età più consona alla fede più pura?) non è un dono soprannaturale come qualcuno potrebbe obiettare.

La fede è un dono, sì, un dono prezioso. Ma è un dono che ognuno di noi fa a sé stesso. Un dono che non può dissolversi tra le nostre mani, quando è radicato coscientemente, profondamente, nell’animo.

Un dono che si accresce di giorno in giorno, che tempra contro le avversità della vita, che affronta tutti gli ostacoli e li supera tutti, finché uno un giorno non s’alzi e chiami a dare la propria fede, la vita.

Non ho intenzione di moraleggiare. Ho intenzione, piuttosto, di tentare di chiarire qualche equivoco cui vanno incontro (finalmente gettata la maschera) certe matricole ed anche (perché no?) certi anziani ed anzianissimi o laureatissimi che dir si voglia.

Non parlo degli irriducibili, degli avversari, diremo così, confessi, con loro non si tratta di chiarire le idee. Per certa gente, che si proclama spudoratamente italiana e pur che fosse cacciato dal potere il Fascismo, si rassegnerebbe a vedere l’Italia sotto la tutela inglese o russa, non c’è bisogno di chiarificazioni. Giorno verrà…

Quelle certe matricole, dicevo, quei certi anziani o anzianissimi ecc. sono persone ben conosciute. Ognuno di loro ha in tasca la tessera del GUF. Anche se qualche volta si dimentica di portare il distintivo. Qualcuno si presta anche a fare la cosiddetta collaborazione: non si sa mai.

Portare il distintivo, avere la tessera, passivamente collaborare non significa essere fascisti. Essere fascisti significa credere fortemente, ciecamente agire (ciecamente ho detto, non passivamente, retori sottili ed acuti filologi) e soprattutto combattere.

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