Articolo tratto da: «Dolomiti. Settimanale del fascismo bellunese», a. II, n. 7, 13 dicembre 1942.
In un’atmosfera di meraviglia fanciullesca s’alza il sipario del teatro.
Ed i bambini battono le piccole mani grassottelle con espressioni di viva, grande, vera gioia nella visione degli scenari che ingenuamente e rozzamente rappresentano boschi, castelli, marine, monti, cieli azzurri o nuvoloni cupi.
Si presentano alla ribalta, guidati dalle abili mani di marionettisti, i personaggi. Le marionette sono tutte testa. Il resto del corpo è fatto di stracci, che si infilano nelle maniche dell’operatore.
Ma il guaio è che la testa è fatta di legno. Duro legno stagionato, che non ha alcuna utilità se non quella di fare strillare di gioia i piccoli spettatori, quando viene, senza parsimonia alcuna, sottoposto alle energiche carezze di un manganello [omissis].
Un nodoso randello piomberà sulla testa di tutte le marionette di marca nostrana. E tutte le marionette di marca nostrana si affloscieranno come palloni forati da una puntura di spillo.
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